Civiltà…

Il delitto della deputata laburista inglese, Jo Cox, pugnalata e uccisa da almeno due colpi di pistola avrebbe un movente politico […] Alla vigilia del referendum sull’uscita della GB dall’Europa il delitto ha creato effetto sulle Borse, con gli indici in rialzo.


Memoria

Il 4 aprile 1944 alla Risiera di San Sabba entra in funzione il forno crematorio. La struttura viene inaugurata con la cremazione di settanta cadaveri di ostaggi fucilati nel poligono di tiro di Opicina

Il 4 aprile 1944 alla Risiera di San Sabba entra in funzione il forno crematorio. La struttura viene inaugurata con la cremazione di settanta cadaveri di ostaggi fucilati nel poligono di tiro di Opicina


Crowfounding Resistente

Per il 70° anniversario della Liberazione, la sezione di Treviso dell’Associazione “rEsistenze” sta realizzando un filmato dal titolo “Con i messaggi tra i capelli. Ragazze della Resistenza trevigiana”. Clicca per visionare il DEMO

Il video racconterà la partecipazione delle donne che hanno operato nella Resistenza del trevigiano attraverso i volti e le parole di: Tina Anselmi “Gabriella” ( presidente onoraria di “r-Esistenze”), Vittorina Arioli “Anita”, Leda Azzalini “Mariska”, Olga Bernardi, Rosina Annetta Bernardi “Annarosa”, Onorina Borin, Lisetta Campion, Teresa Casagrande, Anna Colles, Marcella Dallan, Itala Da Re, Giovanna Faè, Bruna Fregonese, Sofia Gobbo “Giorgio”, Noris Guizzo “Carmen”, Rina Lorenzon, Annamaria Lorenzoni, Elisa Perini, Lina Piccin Livieri, Luciana Tecla Piva “Elda”, Gina Roma, Nedda Zanfranceschi.

Sono testimonianze (video e audiointerviste, lettere, diari e memorie) raccolte dalla nostra Associazione“rEsistenze” oltre che da ISTRESCO (Istituto per la storia della Resistenza della Marca trevigiana), IVESER (Istituto veneziano per la storia della Resistenza) e ANPI di Treviso.

Pensiamo che questa iniziativa debba rivolgersi in primo luogo ai giovani, e quindi lo proporremo come contributo alla scuola per assolvere al proprio mandato istituzionale di sviluppo della cittadinanza attiva.

Per la realizzazione del filmato abbiamo attivato una campagna di crowdfunding. Il costo del progetto è relativamente contenuto (riferito unicamente al compenso per il regista e alla stampa dei DVD). Pensiamo che questa formula “corale” di finanziamento possa rappresentare un’opportunità di partecipazione all’iniziativa per i futuri fruitori del filmato, per altri soggetti che rivestono un ruolo istituzionale, politico o culturale, nonché per tutti i cittadini interessati.

Chi vuole appoggiare il progetto può versare il suo contributo economico a: Associazione Resistenze – Calle Michelangelo 54 P – Giudecca Zitelle – 30133 Venezia (codice IBAN IT56D0760102000000086053899 e CCP 86053899) indicando come causale: “video partigiane Treviso”.

http://www.resistenzeveneto.it/


La lotta partigiana e operaia nella pianura trevigiana

Locandina convegno

Inaugurazione sabato 11 aprile, palazzo dei 300, Treviso. Aperto fino al 25 aprile


Alberto Pellai: A proposito dell’ideologia gender

Questo è un lungo messaggio. Ci vogliono circa venti minuti per leggerlo per intero, quindi se non li avete lasciate perdere. E’ un messaggio che non vi lascia passivi, perché alla fine dello stesso scoprirete che anche voi avrete un ruolo da giocare in prima persona.
Parto dal dato di fatto: lavoro da più di 20 anni nel settore dell’educazione emotiva, affettiva e sessuale rivolta all’età evolutiva. Ho sempre promosso un pensiero critico nel mondo degli adulti perché i bambini e gli adolescenti non siano lasciati soli e ricevano l’educazione di cui hanno bisogno, anche in questo campo. Soprattutto in questo campo.
Da alcuni mesi mi succede una cosa strana: al termine delle mie numerose conferenze su questo tema, il dibattito è quasi sempre monopolizzato da persone che appartengono ai movimenti che si oppongono alla diffusione dell’ideologia “gender” nelle scuole e che lanciano forti allarmi chiedendo ai genitori presenti di fare molta attenzione perché nelle scuole italiane i nostri figli vengono avvicinati da programmi fortemente diseducativi che diffondono l’ideologia gender e che inducono l’omosessualità. Parlo di “induzione dell’omosessualità” perché di questo sono stato accusato io, in occasione di una conferenza per genitori tenuto presso il centro studi erickson il giorno 13 febbraio. Al termine del mio incontro, dove avevo parlato di tutto tranne che di ideologia gender (presentavo il mio nuovo libro “Tutto troppo presto” che non ha nulla a che fare con questo tema), il primo intervento è di un signore in prima fila che più o meno dice così: “Non ho molto da dire su quello che lei ci ha fatto sapere stasera, però ho qualcosa da dire su un libro che lei ha scritto e che in alcuni passaggi giustifica e può indurre nei bambini l’omosessualità”. Il libro in questione è “Così sei fatto tu”che ho pubblicato per Erickson e che è finalizzato ad aiutare i bambini a superare gli stereotipi di genere che in questo momento affliggono in modo significativo entrambi i sessi. Intendo, quei condizionamenti educativi per cui alle nostre figlie viene insegnato che per avere successo come femmine conviene mostrarsi “ammiccanti, disponibili, magari anche molto sexy” e ai nostri figli maschi viene invece insegnato che mostrarsi machi, insensibili e potenti è il miglior modo per appropriarsi della loro identità di genere.
Di fronte all’obiezione rivoltami dal signore io ho deciso di leggere a voce alta il libro ai più di 100 adulti presenti chiedendo di essere fermato in ogni passaggio in cui le parole della storia avrebbero giustificato e/o indotto nei bambini l’omosessualità. Ci tengo anche a precisare che personalmente non ritengo l’omosessualità qualcosa che va giustificata e non penso nemmeno che sia possibile indurla. Credo che chi ce l’ha la vive e la integra nella propria identità. Sono anche convinto che – di questi tempi – gli adulti siano molto confusi e non ne sappiano parlare con chi sta crescendo, situazione che a sua volta genera molta confusione nei minori. Così può succedere che un adolescente con orientamento omosessuale si senta impossibilitato a parlare di ciò perché il mondo intorno a lui non ha parole “sane” da dirgli. Così come può succedere che adolescenti con orientamento eterosessuale sentano in alcune zone del loro percorso di crescita una spinta ad esplorare (anche solo a livello di fantasie e in una dimensione totalmente intrapsichica) l’omosessualità e che non potendone parlare con nessuno e percepire che questo fa parte di un passaggio di crescita naturale e fisiologico (che per alcune persone si risolve poi nella definitiva appartenenza all’eterosessualità) le cose si complichino perché i pensieri cominciano a caricarsi di ansia e di paura, semplicemente perché non c’è nessun adulto vicino che sappia rimanere tranquillo e affrontare il tema con quella giusta dose di pacatezza e serenità che poi aiuta il ragazzo stesso a ridiventare tranquillo e sereno.
Torniamo a quello che mi è successo a trento: terminata la lettura del libro ho chiesto al signore in questione di indicarmi con precisione quali fossero stati i passaggi a giustificazione e induzione dell’omosessualità. Risposta: In realtà io non l’avevo letto bene e del tutto. Sì forse questo libro non è pericoloso, ma l’ideologia del gender lo è”.
Bene ripartiamo da qui: io non conosco l’ideologia del gender e personalmente come padre di quattro figli io non l’ho mai incontrata sulla mia strada. Sulla mia strada ho incontrato progetti di educazione affettiva e sessuale, progetti di prevenzione dell’omofobia, progetti di informazione sessuale. Soprattutto come padre, ho avuto modo di parlare con i miei figli di omosessualità dopo stimoli (a volte positivi perché ben condotti dagli adulti, a volte negativi perché condivisi tra bambini e ragazzi in modo molto maldestro) che gli stessi figli avevano ricevuto in situazioni formali ed informali della loro vita extrascolastica. E ho sempre pensato che queste conversazioni fossero un mio dovere di genitore e un loro diritto di figli. Non mi ha mai spaventato nulla di ciò che il mondo esterno ha raccontato loro del sesso, perché in molti casi i miei figli (e spesso lo fanno anche i miei giovani pazienti) poi tornano da me per confrontarsi, dialogarne e condividere visioni, valori e informazioni. Credo che come adulti responsabili noi dovremmo agire in questo modo: offrire ai nostri figli la nostra competenza e disponibilità al dialogo su tutto. Se così impostiamo la nostra relazione educativa, nulla del mondo fuori potrà davvero far male ai nostri figli.
Procediamo però con il racconto di Trento: se il signore in questione non aveva letto il mio libro, secondo me non avrebbe dovuto sentire l’urgenza di intervenire per primo al termine della mia conferenza per denunciarne la pericolosità. Muoversi in questo modo è solo dimostrare di avere pregiudizi ideologici.
E questa stessa situazione io l’ho riscontrata anche a Trieste, in occasione di una conferenza tenuta a dicembre, dedicata alla presentazione dei materiali e dei metodi descritti nel mio manuale “Le parole non dette” (Erickson ed.) un manuale che presenta un laboratorio educativo in cinque lezioni finalizzate alla prevenzione degli abusi sessuali.
Va detto che “Le parole non dette” è un progetto che esiste da più di 15 anni. Il manuale che lo descrive ha venduto decine di migliaia di copie. I bambini coinvolti in questo progetto di prevenzione da anni sono centinaia di migliaia. Mai una volta il progetto è stato attaccato da chicchessia in quanto pericoloso. E’ stato così ben valutato da essere scelto in Canton Ticino come progetto ufficiale di prevenzione primaria nelle scuole elementari della Svizzera Italiana (anche lì decine di migliaia di alunni da più di dieci anni lo stanno ricevendo grazie al lavoro della Fondazione Svizzera per la Protezione dell’Infanzia). E’ stato anche prescelto dalla comunità europea per un progetto di replicazione in altre quattro nazioni, all’interno del progetto Daphne.
Ora, per la prima volta, mi sono trovato a presentare questo progetto e a dover gestire un dibattito di oltre un’ora a suon di citazioni tratte dalla Costituzione e dalla Sacra Bibbia con accuse di: “Sporcare la mente dei bambini”, “traumatizzare i bambini coinvolti che erano rimasti gravemente danneggiati dalla partecipazione al progetto”, “sessualizzare e adultizzare i minori” attraverso questo progetto di prevenzione. E’chiaro che queste parole a me, medico, che quando mi sono laureato ho fatto un giuramento di Ippocrate e ho promesso che avrei usato la mia professione per fare del bene non per fare del male, mi hanno causato un certo disagio. Ho chiesto allora ufficialmente alle persone che mi stavano muovendo queste accuse di raccontarmi bene le storie di traumatizzazione dei loro bambini perché questo era un fatto davvero grave e in tutti i modi avrei dovuto cercare di porvi rimedio. Risultato: le persone che mi accusavano non erano genitori, ma riferivano commenti di genitori che si erano rivolti a loro. Che però quella sera, in cui io ero lì a diposizione di tutti, avevano deciso di non presentarsi alla conferenza. Al tempo stesso, alla medesima conferenza erano presenti tantissimi genitori di bambini che stavano facendo il progetto di prevenzione e che si dichiaravano davvero entusiasti di ciò che stava avvenendo nelle scuole frequentate dai loro figli.
Il dibattito quella sera è durato più di un’ora e mezza. È stato tutto monopolizzato dagli adulti che si oppongono all’ideologia gender e credo di aver dato risposte pacate, informate e competenti. Grande è stata la mia sorpresa di vedermi raccontato due giorni dopo in un’intera pagina di un giornale locale come il promotore di un programma che “vuole insegnare il sesso ai bambini che credono ancora a babbo Natale” (cito testualmente il titolo a lettere cubitali messo in cima alla pagina). Io sarei quella persona lì: ovvero il professionista che vuole insegnare il sesso ai bambini che credono ancora a babbo natale. Nessun contradditorio, risposta del direttore del giornale che conferma come questi siano tempi pericolosi e i professionisti che fanno il mio mestiere attentatori alla crescita dei minori e distruttori della morale pubblica.
Posso dire di sentirmi offeso da questo modo di essere raccontato. In realtà, ho lasciato passare due mesi e poi con tranquillità ho mandato una mail personale all’autore dell’articolo. Non l’ho fatto sui giornali, l’ho fatto in privato, sulla sua mail privata. Io non ho ricevuto alcuna risposta.
Così come non ho ricevuto risposta dalle tante mamme che mi hanno inviato mail ultrapreoccupate dichiarandosi inorridite dal mio progetto di prevenzione, alle quali ho spiegato per filo e per segno perché potevano stare tranquille, alle quali ho detto che sarei stato a loro totale disposizione via skype per spiegare ogni cosa avessero voluto sapere da me. Ho perso ore per rispondere a queste mail così preoccupate. Nessuno più si è fatto sentire. Però tutte queste persone si sono sentire libere di parlare male pubblicamente del progetto “Le parole non dette”.
Vengo all’ultimo capitolo di questa saga. Chissa se mi state ancora leggendo. In questi giorni il Friuli Venezia Giulia è tornato ancora su tutti i giornali, sempre ad opera di denuce provenienti da associazioni che si dichiarano contrari all’ideologia gender. I titoli dei giornali sono questi:
Gender all’asilo – A Trieste s’insegna ai bambini a toccarsi (Notizie Provita).
Esperimenti hot all’asilo: toccamenti e scambi d’abito per i bambini. (trieste prima)
Bimbi travestiti da bambine: leggete il documento choc che regola il gioco del gender – IlGiornale
Questo progetto è stato raccontato dalla stampa nazionale come un progetto che “dopo aver fatto fare un po’ di ginnastica ai bambini, dovrà far notare loro le sensazioni e le percezioni provate. Per rinforzare questa sensazione i bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni, ascoltare il battito del cuore a vicenda o il respiro». «Ovviamente – si legge ancora – i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale».
Io ho letto con attenzione il progetto. L’attività in questione prevede che i bambini facciano attività fisiche e motorie, seguite da attività di rilassamento. Durante l’attività di rilassamento devono imparare a sentire il proprio corpo, a rimanere in sintonia con se stessi, a rendersi conto in modo concreto che il cuore rallenterà la sua corsa, che il respiro decelererà, che tutto tornerà all’equilibrio originale, dopo aver sostenuto una fatica fisica. Potranno anche con l’uso di stetoscopio ascoltare il battito del cuore degli altri bambini. Insieme scopriranno che tutti i corpi funzionano nello stesso modo, sia quello dei maschi che quello delle femmine. Poi potranno anche parlare invece di cosa differenzia i corpi dei maschi da quelli delle femmine. Allora si potrà anche parlare degli organi genitali, nominarli e scoprire che la differenza tra maschio e femmina sta proprio lì. Ora ditemi in quale passaggio si dice che i bambini sono inviatati a “toccarsi” affermazione che lascia sottintendere “toccarsi sui genitali”. E’ davvero questo lo scopo del gioco. Tra l’altro nel mio primo libro pubblicato in vita mia “Educare alla salute giocando” (F.Angeli ed.) che è del 1986, io ho proprio inserito la medesima attività, dopo averla sperimentata per anni in una scuola elementare della provincia di Varese, all’interno di un progetto di educazione alla salute. Trent’anni fa quell’attività non era parsa scandalosa a nessuno. I bambini con cui avevo lavorato l’avevano molto apprezzata. Il libro ha venduto qualche migliaia di copie e non è mai finito sui giornali.
Perché, adesso, invece tutto questo ci fa paura? Che cosa ci sta succedendo? Davvero la moralità e l’integrità dei nostri figli è messa in pericolo da progetti come “Il gioco del rispetto” di cui vi invito a leggere per intero tutte le attività e tutto il percorso(vi invito a cercare con Google il documento descrittivo)? Perché se uno racconta di questo progetto soltanto che i bambini imparano a toccarsi e i maschi a mettersi su gli abiti da donna, forse anch’io avrei qualcosa da ridire. Ma leggendo l’intero curriculum, a me sembra che questo bellissimo progetto insegni ai nostri figli a contemplare similitudini e differenze del maschile e del femminile, a rispettare anche chi non è uguale a me, a condividere su un piano emotivo sensazioni, impressioni e a volte stereotipi associati all’identità di genere, stratificati nella nostra cultura da decenni di ideologia che fa male a tutti. Agli omosessuali, come agli eterosessuali. Agli uomini come alle donne. Ai cattolici, come agli atei.
Ecco, così come l’ideologia del gender potrebbe fare male quando usata male e a sproposito, io penso che così anche l’ideologia di chi è contro l’ideologia del gender possa essere ugualmente pericolosa e dannosa. Credo che usarla come si sta facendo ora serva soltanto a impedire ai nostri figli di poter accedere a una buona educazione affettiva, emotiva e sessuale, di cui invece hanno tanto bisogno. Lo dico a ragion veduta: perché io che da anni lavoro proprio in questo ambito per la prima volta mi sono trovato attaccato, denigrato, umiliato sul piano professionale da persone che in realtà del mio lavoro non conoscevano quasi nulla. E per semplice pregiudizio, mi hanno usato, come un oggetto, in uno scontro ideologico al quale io non sento di appartenere.
Dico queste parole con particolare sofferenza, perché io sono un cattolico, da sempre impegnato nella promozione sociale e civile. Non ho mai fatto politica, ma ho cercato di essere “politico” con il mio lavoro e con la mia vita. Sono padre, uomo, maschio, docente universitario , psicoterapeuta. Mi riconosco con orgoglio e dignità in tutte queste definizioni. Collaboro da anni con un settimanale cattolico, tengo molte conferenze presso parrocchie e oratori, da alcuni mesi sono anche editorialista di Avvenire. Insomma, penso di essere un uomo di “idee”. Ma non di ideologie. Questa è forse la differenza sulla quale invito tutti a riflettere.
Vi avevo detto che anche voi avevate un ruolo attivo. Perché se siete arrivati fino a qui, ora siete invitati a condividere questo post con almeno un altro adulto, genitore, educatore, cittadino, chi volete voi. E possibilmente a commentare.
Se questo post raggiungerà almeno 100.000 letture, 1000 condivisioni e 500 commenti io proverò a diffonderlo in modo più ampio. Altrimenti rimarrà uno scambio di opinioni al quale spero partecipino tutti. Pro gender e contro-gender, omosessuali ed eterosessuali, genitori e figli, single e sposati. Perché la libertà è importante e la civiltà non può essere mai frutto delle ideologie, ma il prodotto di buone idee. Grazie.
Alberto Pellai

 

QUI l’intervento originale da condividere


#NOTINMYNAME

I fatti di Tunisi ci consegnano solo l’ultimo anello della catena di morte che l’ISIS sta stringendo attorno al collo della pace tra i popoli, in medio oriente e nel mondo. Un operazione totalitaria e delirante, che mira a cancellare la pluralità delle coscienze nel tempo e nello spazio, perpetrando la predicazione della paura in ogni dove.

La frenesia della comunicazione nel nostro tempo non consente distinguo e nella sua corsa non riesce a sottolineare che L’ISIS non è una religione, ma bensì puro fanatismo nei confronti del potere. Di tutto ciò ne approfittano avvoltoi senza scrupoli che instillano facili stereotipi nell’opinione pubblica, che in molti casi colpevolmente ingoia. Semi di odio che sospinti dal vento dell’ignoranza fanno germogliare razzismo e intolleranza.

Nessuno però si domanda quale Dio vorrebbe tutto questo? Nessuno si domanda come, da dove e per quali motivi ciò sia nato? In pochi lo fanno perché le risposte proporrebbero responsabilità geopolitiche scomode e difficilmente giustificabili se non con logiche di danaro e potere.

Di ciò noi da mesi ne stiamo facendo le spese per le strade, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Tante però sono anche le persone di buona volontà che ci supportano e creano anticorpi nel tessuto sociale per fermare il cancro della xenofobia.

Insieme all’Amministrazione Comunale ci rivolgiamo a loro per portare anche nella nostra città l’urlo di #notinmyname, che in questi mesi ha caratterizzato tutte le piazze d’Italia e d’Europa. Lo faremo attraverso un flashmob, dal quale costruiremo un video che poi sarà fatto girare in maniera virale sul web.

L’appuntamento è per domenica 29 marzo alle ore 15.00 presso il parco delle piscine in via Barbiero, l’unica richiesta è di indossare tutti una maglietta bianca e spargere la voce il più possibile in città.

Vi aspettiamo in tanti.

Mogliano Veneto, 23/3/2015.

Amar Abdelhamid

Presidente dell’associazione Amici della Pace.


Aleida Guevara a Mogliano

Una segnalazione che non possiamo mancare.

AleidaGuevara

All’interno degli eventi di Marzo Donna 2015, organizzato da diverse associazioni, con il patrocinio del Comune di Mogliano, Mercoledì 25 marzo 2015 – ore 20.45 Centro Sociale – Piazza Donatori di Sangue

ATTENZIONE: l’appuntamento è spostato al Cinema Busan

Incontro-intervista con ALEIDA GUEVARA – DONNA DI PACE
COSA CAMBIA A CUBA? prospettive del popolo cubano con la fine dell’embargo degli USA
ALEIDA GUEVARA, Figlia del Comandante Ernesto Guevara fa parte del corpo diplomatico cubano. E’ impegnata in politica ed in particolare nel processo di distensione con gli USA per garantire un futuro migliore al popolo cubano
La serata ha anche un fine solidale, infatti Aleida Guevara verrà in Italia anche per raccogliere fondi per l’acquisto di alcune apparecchiature necessarie ad un centro per disabili all’Avana, dove lei svolge volontariato come medico pediatra.

Chi ha deciso di dare una medaglia a un ufficiale fascista?

16 marzo 2015
Nel 70° della liberazione, a Montecitorio, viene consegnata una medaglia a ricordo di un ufficiale fascista della Repubblica di Salò? Sembra incredibile ma è proprio così. Chi ha deciso di concedere il riconoscimento alla memoria di Paride Mori, del battaglione “Benito Mussolini” che combattè a finco delle SS naziste?

E con quali criteri? Domande inquietanti che pretendono risposte certe e rapide. Esigenza di cui si fa interprete Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Anpi:

“Ho appreso dalla stampa la notizia della consegna di una medaglia, in una sala della Camera dei deputati, dove si trovavano anche il Presidente della Repubblica e la Presidente della Camera, ad un fascista della Repubblica di Salò. La notizia appariva così incredibile (e grave) che sono stato lieto di apprendere, da una dichiarazione emanata dalla Presidenza della Camera, che la Presidente Boldrini non aveva dato alcun premio, né aveva in alcun modo concorso ad individuare il nome del “premiato” tra quelli meritevoli di onorificenza (sono parole pressoché testuali del comunicato della Presidenza della Camera). Altrettanto credo sia accaduto per il Presidente Mattarella, ma non è possibile anticipare nulla al riguardo, finché non ci sarà qualche comunicazione da parte del Quirinale”.

“Di certo – commenta Smuraglia – un’onorificenza è stata consegnata dal Sottosegretario Delrio e dunque a nome della Presidenza del Consiglio. Anche il Sottosegretario ignorava tutto? Sembrerebbe impossibile; comunque, chi ha proposto e deciso quella onorificenza proprio nell’anno del 70° anniversario della Resistenza? A quali criteri ha obbedito la speciale Commissione che valuta per la Presidenza del Consiglio le onorificenze? È veramente difficile accontentarsi della prospettazione di un “errore”, a fronte di situazioni che imporrebbero una vera sensibilità democratica. Pensiamo che su questo debba essere fatta chiarezza assoluta ed al più presto. Altrimenti dovremmo pensare che la Presidenza del Consiglio, che si propone di celebrare il 25 aprile e il 70° è disponibile, al tempo stesso, a riconoscere “i meriti” di chi militò dalla parte della dittatura, del fascismo, della persecuzione degli ebrei, degli antifascisti e dei “diversi”. Davvero, tutto questo appare inconcepibile; l’ANPI attende, comunque, chiarimenti precisi e definitivi e, soprattutto, che ognuno si assuma le responsabilità che gli competono. Dopo di che, prenderemo – a ragion veduta – le nostre posizioni di antifascisti e di combattenti per la libertà, che non conoscono né tentennamenti né ambiguità, ma si riconoscono nella vera storia del nostro Paese e nella Costituzione che lo regola e pretendono che altrettanto facciano le istituzioni.

resistenza


Dal g8 di genova – Violenza privata e abuso d’ufficio

Giacomo Toccafondi, medico-torturatore, sia radiato dall’Ordine dei medici

Giacomo Toccafondi ha compiuto azioni terribili durante il G8 di Genova, picchiando, torturando, minacciando e umiliando i pazienti che aveva in cura, anziché aiutarli. Si è trattato per la maggior parte di ragazzi molto giovani, che si sono trovati soli, tra i poliziotti ostili, a dover subire in silenzio abusi incessanti. Molti di loro erano manifestanti arrestati all’interno della scuola Diaz: tutte persone che le indagini successive hanno dimostrato essere pacifiche e non pericolose, e sulle quali Toccafondi ha infierito con particolare crudeltà durante il suo mandato in qualità di dipendente del ministero di Grazia e Giustizia.
Quel giorno di luglio del 2001, il signor Toccafondi si presentò in infermeria – ufficialmente in qualità di medico – vestendo una mimetica anziché il tradizionale camice. Da allora decise deliberatamente di svestire i panni di medico. I giudici che lo processarono descrissero la caserma di Bolzaneto, luogo in cui torturò i suoi pazienti, come una prigione e affermarono pubblicamente che, secondo le prove in loro possesso, Toccafondi “agì con crudeltà” nel corso del suo mandato. Marco Poggi, suo assistente all’epoca dei fatti, testimoniò contro di lui: “Vidi di tutto, non feci quanto avrei voluto per fermarlo. Dileggiava con i pazienti, gli urlava ‘Te lo do io Che Guevara!’, ‘Sporchi comunisti!’ eccetera […] Non li ho aiutati quanto avrei voluto. È un senso di colpa che mi porterò dietro per sempre”.
Per il suo operato Toccafondi è stato incriminato per omissione di referto, violenza privata, lesioni e abuso d’ufficio, ma è stato salvato dalla provvidenziale prescrizione, senza fare un giorno di carcere nonostante le pesanti condanne a suo carico. E ora, da ottobre, potrà tornare a svolgere liberamente la sua professione di medico.
Con le sue azioni, Giacomo Toccafondi ha gettato l’Ordine dei medici nella vergogna e nell’ignominia, rinnegando e ignorando qualsiasi obbligo etico e morale nei confronti dei propri pazienti. Visti gli orribili atti di cui si è reso complice e promotore, viste le numerose testimonianze e la nutrita e incontrovertibile documentazione relativa al caso, dati e comprovati i fatti inoppugnabili che lo condannano, giuridicamente ed eticamente, chiediamo che il dottor Toccafondi non debba più essere messo in condizione di avvicinarsi a un paziente bisognoso di cure. Alla luce di tutto ciò, chiediamo pertanto che Giacomo Toccafondi venga radiato dall’Ordine dei medici.

Firma la petizione


Crociate

Il prossimo Consiglio Comunale di Mogliano sarà chiamato a discutere (e ci auguriamo votare ed approvare), la delibera di adesione alla rete RE.A.DY. ovvero la Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. La proposta di delibera parte dal gruppo de La Sinistra per Mogliano, appoggiato da altri consiglieri della maggioranza.

Questa rete si pone come obiettivi (cito il punto 7 “Ipotesi di intervento” della Carta di Intenti ufficiale della rete):

  1. azioni volte a promuovere l’identità, la dignità e i diritti delle persone lgbt e a riconoscere le loro scelte individuali e affettive, nei diversi ambiti della vita familiare, sociale, culturale, lavorativa e della salute;
  2. azioni conoscitive sul territorio per individuare i bisogni della popolazione lgbt e orientare le politiche, attingendo anche dalle esperienze degli attori locali;
  3. iniziative culturali finalizzate a favorire l’incontro e il confronto fra le differenze;
  4. azioni di informazione e sensibilizzazione pubblica rivolta a tutta la popolazione;
  5. azioni informative e formative rivolte al personale dipendente degli Enti partecipanti;
  6. azioni informative e formative rivolte al personale impegnato in campo educativo, scolastico, socio-assistenziale e sanitario;
  7. azioni informative e formative rivolte al mondo produttivo sui temi del diritto al lavoro delle persone omosessuali e transessuali;
  8. azioni di informazione e di prevenzione sanitaria;
  9. azioni di contrasto alle discriminazioni multiple;
  10. collaborazioni con le associazioni per valorizzarne le attività, sviluppare percorsi formativi e iniziative comuni, secondo modelli di amministrazione condivisa e di cittadinanza attiva.

Insomma nulla di trascendentale o rivoluzionario, ma semplicemente la promozione del diritto al rispetto delle proprie scelte.

Eppure immediatamente parte la crociata integralista con strilli in difesa della “Famiglia Naturale” (Azzolini: noto esperto in proposito!) e contro “il problema della triplice sessualità nell’educazione dei bambini nelle scuole cittadine” con tanto di raccolta di firme avviata da AGESC (Agenzia Scuole Cattoliche) che a Mogliano è rappresentata solo (mi risulta) al Collegio Astori e di cui mai si era sentito parlare quando i problemi della scuola erano ben altri e coinvolgevano tutti i cittadini.

La sua presidente arriva a dichiarare “Il comitato Agesc dell’Astori si è interessato da subito a questa ideologia del gender che non ha fondamenti per l’educazione scolastica. Riteniamo che questa ideologia sia lesiva più che istruttiva se spiegata a bambini delle prime classi. Siamo venuti a conoscenza che il 3 marzo l’argomento RE.A.DY. verrà discusso in Consiglio. Non intendiamo restare indifferenti al fatto che l’argomento possa essere trattato nelle scuole di Mogliano ed abbiamo avviata una petizione al fine di sospendere il punto in Consiglio e di chiedere alla cittadinanza di esprimersi prima di deliberare. Contrastare l’omofobia va bene, ma trasferire l’argomento nelle scuole da 0 a 18 anni è terribile“, confondendo evidentemente le politiche scolastiche con le scelte dell’Amministrazione Comunale contro la discriminazione ed addirittura schierandosi in difesa dei “bambini delle prime classi” che rimarrebbero certamente traumatizzati dall’adesione del Comune di Mogliano Veneto ad una rete contro la discriminazione!

Non si capisce poi cosa abbia a che vedere il comitato dell’Astori con il resto delle scuole oltre a cosa abbia a che vedere l’adesione del comune ad una rete di enti locali con le scuole ed infine quando mai sia stato necessario far “esprimere la cittadinanza” prima di aderire ad una rete anti discriminazione senza costi.

Inutile tornare sul tema della cosiddetta “Famiglia Naturale” su cui abbiamo avuto modo di parlare più volte. Ma è difficile sorvolare sulle deliranti dichiarazioni del (per fortuna) ex sindaco dott. Giovanni Azzolini: “Con l’adesione a RE.A.DY si vogliono stravolgere i valori della famiglia così come la configura la Costituzione e cioè famiglia naturale. Si vogliono introdurre  nuovi tipi di famiglia che non si possono chiamare famiglia. E’ anticostituzionale ed un comune non può supportare questo“.

Siamo al demenziale: combattere la discriminazione nei confronti di omosessuali e transessuali è incostituzionale perché stravolge i valori della famiglia naturale?! Il virgolettato è riportato su OggiTreviso da Gianfranco Vergani, che già altre volte s’è dimostrato più realista del re con il nostro ex sindaco, ma non abbiamo motivo di dubitarne fintato che non sia smentito dal diretto interessato. Dunque ci permettiamo di dubitare della sua logica!

Stiamo parlando di una rete di Enti Locali che comprende una folta schiera di comuni, province e regioni; che si pone l’obiettivo di abbattere o quantomeno ridurre le discriminazioni; che ha delle ipotesi di intervento molto moderate e rivolte al sociale (e non alla scuola); che non ha potere per intervenire sui programmi scolastici; che non ha costi.

Tutti coloro che sono contro la discriminazione di omosessuali e transessuali purché non se ne parli, stiano a casa loro, non si facciano riconoscere e non pretendano di avere diritti dimostrano di avere una coda di paglia lunga un chilometro. Argomentare sul “problema del terzo sesso nelle scuole e tra i bambini delle prime” o della “difesa della famiglia naturale” sono scuse: l’adesione alla rete RE.A.DY. non ha nulla a che vedere con i programmi scolastici o con la famiglia.

Chi è contrario abbia almeno la decenza di dichiarare il motivo: ritiene che sia giusto discriminare le persone in base alle scelte sessuali di ciascuno e dunque non vuole che l’Amministrazione Comunale si adoperi contro questa discriminazione.

Abbiano il coraggio di dirlo e di raccogliere le firme sotto ad una petizione che chiede questo!