Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto

Periodicamente vi citiamo GIAP – il blog del collettivo letterario Wu Ming – con brani tratti da loro interventi. Oggi vorrei rilanciare un interessantissimo ragionamento che Wu Ming 1 fa attorno ai concetti di produzione, lavoro e sfruttamento nell’ambito delle nuove tecnologie e di Internet in particolare, utilizzando informazioni circolanti e chiavi di lettura marxiste.

Lo faccio perchè mi pare che riesca a rendere in maniera estremamente chiara (anche se magari non è sempre una lettura semplice, ma certi discorsi non possono essere semplificati!) concetti che molti di noi magari pure condividono già, ma sui quali si tende troppo spesso a sorvolare, quasi a dimenticarsene perdendoci nel mito, in quello che chiama in modo appropriato il “feticismo della merce digitale”.

Non riporto per intero il lungo articolo: mi limito ad una breve quanto significativa citazione invitandovi caldamente a proseguire la lettura direttamente su GIAP.

La questione non è se la rete produca liberazione o assoggettamento: produce sempre, e sin dall’inizio, entrambe le cose. E’ la sua dialettica, un aspetto è sempre insieme all’altro. Perché la rete è la forma che prende oggi il capitalismo, e il capitalismo è in ogni momento contraddizione in processo. Il capitalismo si affermò liberando soggettività (dai vincoli feudali, da antiche servitù) e al tempo stesso imponendo nuovi assoggettamenti (al tempo disciplinato della fabbrica, alla produzione di plusvalore). Nel capitalismo tutto funziona così: il consumo emancipa e schiavizza, genera liberazione che è anche nuovo assoggettamento, e il ciclo riparte a un livello più alto.”


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