la superiorità della nostra civiltà consiste nel fatto di non poter essere raggiunta dalla contraerea

Non posso fare a meno di condividere il ragionamento, come al solito prezioso, che proviene dai Wu Ming. L’intero articolo potete leggerlo sul mitico GIAP.

Alle nostre latitudini lo tsunami della crisi, giunto dopo un quarto di secolo di risacca, ci ha lasciati tramortiti, in balia di un establishment incapace quanto rapace, intento a fare man bassa di ogni bene mentre i capisaldi stessi del vivere associato si sgretolano. Eppure non regna la calma piatta. Gli scricchiolii si avvertono anche in Europa e quello che oggi turba i sonni dei potentati occidentali, occupati a vessare il pianeta e a tenerlo in ginocchio, è il timore che l’onda della rivolta attraversi il Mediterraneo.

D’altra parte, è chiaro che le democrazie occidentali, con il loro pervasivo apparato di manipolazione dell’opinione e del consenso, con l’ostentato rispetto per i diritti consacrati nelle carte costituzionali, con tutta la prosopopea ideologica su un’ambigua nozione di pace e sviluppo, non possono non schierarsi almeno a parole dalla parte della gente che ora combatte stati-cosca criminali. Si esaltano quindi le rivolte arabe per esorcizzare il timore di ciò che esse rappresentano: un risveglio generalizzato delle coscienze.

Le oligarchie dell’Occidente – finanzieri, politicanti, conduttori televisivi – sanno di essere impegnate in una battaglia decisiva. Il dominio neocoloniale potrebbe sfuggire di mano. Le diplomazie ufficiali e occulte lavorano perché gli interessi economici in quelle aree, che servono all’impresa sempre più disperata di sostenere un modo di vita senza senso, mortifero, antiumano, vengano perpetuati ed estesi. Una volta gli stati d’Europa combattevano fra loro, usando le popolazioni extra-occidentali come “truppe indigene”, oggi competono a suon di bombe umanitarie su popolazioni inermi e rigorosamente non-bianche per spostare gli equilibri economici a favore dell’una o dell’altra fazione all’interno del generale divenire-mafia del capitale.

Così si fissa la contraddizione nell’ideologia-mondo capitalista, evidente nella forma “democratica” e avanzata dell’Europa e dell’America. Da una parte si sostengono eguali diritti, il rispetto formale della diversità (al punto che si potrebbe pensare che la proliferazione di gruppi, di scelte e orientamenti, la soggettivizzazione incessante che attraversa le democrazie, rappresenti poco più che un altro modo di vendere merce, concreta, virtuale, identitaria, religiosa…). Dall’altra c’è la negazione reale della diversità, figlia dell’idea che la nostra “civiltà” sia in qualche modo superiore perché riconosce, formalmente, diritti ed eguaglianza a persone e culture, corpi e linguaggi, e che proprio questo le dia il diritto/dovere di dominare il pianeta. Per confermarsi, orwellianamente, “più uguale” delle altre.

In realtà dice bene Massimo Bucchi: la superiorità della nostra civiltà consiste nel fatto di non poter essere raggiunta dalla contraerea. Se nel discorso pubblico la democrazia è ridotta a confronto di opinioni; se opinioni che negano l’eguaglianza tra gli uomini, il diritto all’istruzione, alla salute, a un reddito dignitoso, hanno luogo e legittimità all’interno di questo discorso, e i partiti che le incarnano guidano nazioni; se il linguaggio del politicamente corretto coesiste coi lager preventivi; se gli psicologi per cani esistono nello stesso spazio politico, culturale e sociale dei manicomi criminali, significa, come dice Franco Berardi “Bifo”, che della nostra cultura occidentale, della cultura che ha prodotto affermazioni politiche dell’ordine più alto – libertà, uguaglianza – è rimasto solo il cinismo, l’idea assurda che la gente possa essere conculcata, dominata, deviata e ingannata per sempre. Più che un’idea, è una superstizione, una forma di articolato scongiuro.

La domanda che nasce spontanea quindi è se la marea montante potrà mai disperdere tale superstizione.

Per questo il presentimento è che la prospettiva di riscatto per le società senili d’Europa – se pure una prospettiva rimane – passi anche per l’abbattimento delle barriere pregiudiziali costruite in questi anni attraverso il Mediterraneo, e per la costruzione di ponti ben più lunghi di quello fantomatico sullo Stretto di Messina. Cioè per l’avveramento delle paure delle oligarchie occidentali.


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